Sul piano normativo il contratto di fiume si fonda su alcune importanti direttive comunitarie. In particolare:
- Direttiva Quadro Acque 2000/60/CE, che delinea politiche di riqualificazione delle acque superficiali e sotterranee
- Direttiva Habitat 92/42/CEE, che prevede la creazione di una Rete ecologica europea;
- Direttiva_2007_60_CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni, relativa alla gestione del rischio alluvioni
- Direttiva Uccelli Selvatici 1979_79_409_CE e Direttiva_2009/147/CE, la prima direttiva comunitaria in materia di conservazione della natura
L’introduzione dei contratti di fiume nell’ordinamento giuridico nazionale è avvenuta con l’art. 68 bis, rubricato Contratti di Fiume, nel testo unico ambientale (D.Lgs n. 152/2006), a seguito della modifica apportata dal cosiddetto collegato ambientale (L. 221/2015) che recita: “i contratti di fiume concorrono alla definizione e alla attuazione degli strumenti di pianificazione di distretto a livello di bacino e sottobacino idrografico quali strumenti volontari di programmazione strategica e negoziata che perseguono la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali, unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale di tali aree”.
Più recente è la Risoluzione 8/00092 “Rafforzamento dell’istituto dei Contratti di Fiume”, approvata all’unanimità dalla Commissione Ambiente e LLPP della Camera dei Deputati il 18 novembre 2020. Il documento si articola in 14 punti. I più significativi prevedono di:
1) adottare le iniziative di competenza per inserire i contratti di fiume nel quadro delle politiche di sostegno delle amministrazioni coinvolte nell’attuazione dei progetti green proposti dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare per accedere anche ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e l’utilizzo delle risorse del Recovery Fund;
2) sostenere lo strumento dei contratti di fiume in ragione della loro capacità di superare una logica meramente amministrativa e settoriale e di sviluppare Partenariati Pubblico Privati (PPP) stabili e costituiti, in grado di produrre programmi d’azione partecipati con concrete ricadute territoriali maggiormente efficaci, promuovendo progetti innovativi e integrati con priorità ad infrastrutture «verdi» e «blu», conformi alle previsioni della pianificazione di bacino vigente, che concorrono alla definizione e all’attuazione degli strumenti di pianificazione di distretto a livello di bacino e sottobacino idrografico, finalizzate al ripristino della naturalità dei bacini idrici italiani, al fine di migliorarne la qualità e lo stato ecologico, garantendo la tutela degli ecosistemi e della biodiversità e al fine di ridurre il rischio idraulico
Ultimo tassello del mosaico normativo a sostegno dei contratti di fiume è, dal 29 luglio 2021, la conversione in legge del decreto semplificazioni che ha formalmente riconosciuto questi percorsi come strumenti utili per il contrasto al dissesto idrogeologico, oltre che metodo per rivitalizzare, dal punto di vista ambientale ed anche economico, i corsi d’acqua. Il c. 9 dell’art. 36 ter mette in capo ai commissari, individuati dal governo per la lotta al dissesto, la facoltà di utilizzare, in accordo con le autorità di distretto e con le amministrazioni comunali territorialmente competenti, i contratti di fiume per realizzare interventi di manutenzione idraulica sostenibile e periodica di bacini e sottobacini idrografici.